Capitolo I.

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COME UN LIBRO

 

Un po’ saggio, un po’ biografia, un po’ appunti di viaggio, questa è l’idea. E poi il blog per andare ancora più a fondo.

Dal 2004, quando ho iniziato a dipingere, per poi cimentarmi in molte altre tecniche tra cui la fotografia e la computer grafica in 3D, ho realizzato almeno 4 versioni del mio sito. E’ sempre un lavoro enorme. Difficile all’inizio è capire quale sia il modo migliore per categorizzare, dividere o tenere assieme le opere; quale criterio adottare: il soggetto, la tecnica, il tempo in cui sono stati realizzate? Difficile è poi cercare di fornire una chiave di lettura, una interpretazione. Questo aspetto non è fondamentale, in fondo i quadri, le foto e tutto il resto parlano da sole, e poi si incorre sempre nel pericolo di voler spiegare e quindi limitare anche le possibilità di interpretazione. Come se poi quando ho “creato” lo avessi fatto con piena consapevolezza. Anzi se c’è una cosa da dire senza esitazioni è che il caso, l’inconscio o qualsiasi altro nome vogliamo dare alla ricerca di un non controllo, una non razionalità, hanno avuto sempre il sopravvento, e questo era precisamente il mio obiettivo.

Non ho espresso tesi, idee, posizioni politiche (se non in un caso, ma ne parleremo), … Non ho nemmeno dato libera espressione al mio ego, Mi annoia mortalmente il narcisismo in cui ruzzoliamo, quindi se posso vi risparmio il mio.

Invece mi piace pensare a quello che ho realizzato come frutto di una ricerca, sull’uomo, e sulla nostra epoca. Vagabondare, alla disperata ricerca di qualcosa che non si sa nemmeno bene cosa sia, questo è quello che penso di avere fatto sinora, che guardando bene è metafora dell’esistenza stessa. Spesso con le migliori intenzioni, mi chiedono se sto dipingendo o cos’altro sto realizzando. Anche se il mercato dell’arte, se tutto il mondo in cui viviamo è esattamente questo, il fare Arte per me non è mai Produrre. Produrre e Arte sono termini in antitesi; il Fare posto a principio del tutto è negazione dell’Arte che è ricerca e scoperta, fuga dal ripetersi infinito dell’uguale.

Posso dire allora che nel mio percorso ho incontrato i miei quadri, come se li avessi trovati, cercati, scoperti. E poi ho dovuto rifletterci sopra, capirli, analizzarli, interpretarli come fossero un oracolo. Perché non si perdessero nel mare di immagini che ci circondano dovevo dedicare loro dell’altro tempo per pensare. E sono queste riflessioni che accompagneranno questi capitoli, non spiegazioni di un’idea realizzata, ma impressioni nate da un incontro.

Questo per dire che stavolta, non dividerò i quadri, dalle foto dai lavori in 3D, non dividerò i nudi, dai ritratti, dalle scene di gruppo, non dividerò i lavori del 2004 da quelli del 2012, o forse che sì farò tutto questo ma come se fosse un libro articolato in capitoli, in cui testo e immagini si alterneranno, ma va benissimo se vorrete guardare anche solo le figure 😉

Un po’ saggio, un po’ biografia, un po’ appunti di viaggio questa è l’idea.

SI PARTE DALLA FINE

 

Vi racconterò del tragitto, dei luoghi, degli incontri e delle sorprese che ci sono state, ma ora, in questo momento dove sono? Dove mi hanno portato le mie creazioni, da che posizione osservo il mondo che mi sta attorno.

Sto girando in tondo o sto andando in profondità? Probabilmente a volte l’una a volte l’altra cosa. Fatto è che che quello che ho fatto recentemente ha fortissimi legami con i miei primi lavori.

SENZA CORNICE

 

L’idea del quadro è nata da un collezionista che mi ha informato che avrebbe incorniciato una mia tela con una grossa cornice barocca dorata. La cosa mi ha sorpreso molto, perché non mi sembra che le mie tele si prestino a questo.

Allora quasi per scherzo la cornice l’ho messa io. La tela poi è di quelle col margine alto 5 cm, di quelle che per definizione non hanno bisogno di cornice. Quindi è un quadro da appendere senza cornice, anche se la cornice c’è, solo che è dipinta. Nulla toglie però che provocatoriamente si potrebbe  aggiungere una cornice reale, esageratamente barocca anche quella, con un effetto iperbolico che potrebbe comunque rivelarsi denso di significati. L’ambivalenza che tanto spazio aveva agli inizi della mia carriera ha avuto un pretesto ed un occasione di tornare.

Ceci n’est pas une pipe

Il titolo che inizialmente avevo dato era Fake. Sempre per il gioco di ambivalenze mi sembrava che quello che avevo creato deviasse da tutti i generi, da tutti gli obiettivi. Si presenta come un ritratto ma il volto è quasi interamente coperto, può sembrare un nudo ma anche in questo devia dall’obiettivo, sembra incorniciato ma è solo finzione.

Una cosa lo accomuna con tutto quello che ho fatto in questo 2023: l’irruzione di una parte estranea, in bianco e nero, in cui le forme iniziano anche a sfaldarsi un po’, o in alternativa due o tre colori che si contendono lo spazio della tela, antagonisti e complementari.

1/2 – 2/1

 

Il Titolo qui è un puro gioco di segni. Quasi un matema alla maniera di Lacan. Una formula invertita. Quel che è sopra nell’altro è sotto. La statua, qui è il volto là è il corpo, e viceversa. Gioco di opposizioni, di slittamenti, di segni in attesa di un significato.

Eppure non sono segni neutri, tanto ne emerge: antico e moderno; vivo e morto; opposizione e derivazione. E poi come leggere i supporti che reggono la struttura che non si regge mai da sé. Più che una interpretazione a posteriori, posso dire che mentre dipingevo questi due quadri ero impegnato nella lettura de Il coraggio delle verità e Soggettività e verità, gli ultimi due corsi tenuti da Michel Foucault al College de France prima della sua prematura scomparsa.

Come ho già detto e come ripeterò, non c’è l’intento di esprimere un’idea o la traduzione in pittura di un pensiero. Quello che dico sui quadri lo dico da spettatore, da creatore che quando ha iniziato non aveva nessuna idea di dove sarebbe andato a parare. Dico però anche che sicuramente quello che vivo, quello che vedo, che leggo, … sono necessariamente i punti di partenza o di approdo, anche se rivisti, stravolti, rivoltati. E questo a volte succede subito, a volte a distanza anche di molto tempo.

In quelle due lezioni di Foucault, di cui parlerò a parte nel Blog più approfonditamente, l’antichità greca e romana vengono analizzate nel loro rapporto con quella che oggi chiamiamo sessualità, e nel rapporto del Soggetto con la Verità. Mi sembra di poter leggere quindi la Statuaria come una metafora della cultura antica che ancora in parte ci costituisce come uomini.

E poi anche qui, come già accennavo per Cornice, la presenza di una zona in bianco e nero che quasi doppia e rinforza le altre contrapposizioni, pur nella continuità dell’immagine.

+O – X[]

 

Questo quadro aveva una prima versione terminata nel 2020, poi rivista quest’anno. Si capisce da questo la mia fissazione sul Segno, e sul suo esistere a prescindere dal significato. Per dirla con Lacan è S/s: Significante su Significato. Già dal titolo c’è tutto questo: un più e un cerchio. Il tutto a formare il primo esito di un dittico in cui il secondo sarà dato da una croce e da un quadrato. Ma cosa significata tutto questo? Io l’ho sempre inteso come una rivelazione, ovvero: e se l’ordine delle cose fosse sempre al contrario? Prima la parola e poi il suo significato? Prima il quadro e poi il suo significato? Se ogni scelta alla fine non fosse altro che una giustificazione? Ogni presa di posizione prima di ogni ragionamento?

… volevo una fascia per interrompere la continuità del braccio e per aggiungere un po’ di rosso

Francis Bacon parlando della fascia rossa con svastica nella sua Crocifissione del 1966

DUE COLORI

 

testo.